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mercoledì 29 settembre 2010

la società liquida al Festival del Diritto

Questo il pezzo per WIRED sul Festival di Piacenza



http://www.wired.it/news/archivio/2010-09/28/servono-nuovi-diritti-nella-societa-della-conoscenza.aspx
Servono nuovi diritti nella società della conoscenza
Di Fiorello Cortiana |28 settembre 2010 |Categorie: Cultura, Politica

Con il tema "L'uguaglianza e la sfida delle differenze" Giuliano Amato ha aperto il 23 settembre la quattro giorni della terza edizione del Festival del Diritto di Piacenza dedicata alle “Disuguaglianze”, che vede Stefano Rodotà come direttore scientifico.
Oltre 16 mila presenze registrate, 83 eventi in calendario, di cui ben 14 curati dalle scuole, presenti anche con dieci testate studentesche e settanta redattori che collaboravano anche al sito, sul quale sono disponibili tulle le registrazioni e che ha già registrato 3.000 ore di fruizione dei filmati. I 270 volontari, i tanti ristoranti convenzionati, i palazzi, i teatri, le piazze, tra i più significativi del centro storico della città, scelti come luoghi del festival, confermano il coinvolgimento di un’intera città.
Piacenza ha messo a disposizione la giusta misura per le relazioni sociali in coerenza con l’ambizione del Festival di trattare questioni che chiamano in causa il diritto ( 2008 “Questioni di vita”, 2009 “Pubblico/privato”) attraverso un processo di approfondimento e di condivisione di prospettive diverse, trattate da studiosi di diversa provenienza disciplinare, geografica e culturale con un comune filo conduttore.
I risultati di questo metodo di confronto sono confortanti, non solo per il numero dei partecipanti e per la soddisfazione manifestata, ma per la densità delle riflessioni prodotte. Confermando così gli auspici del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il quale nel suo messaggio ha ricordato che “tornare a proporre un orizzonte d'uguaglianza, riportare nel dibattito pubblico l'obiettivo di contrastare pesanti disuguaglianze costituisce di per sé un risultato degno di nota” e che “Il gusto dell'uguaglianza, il fastidio per disuguaglianze immeritate, prim'ancora che nell'agenda politica dovrebbe tornare negli animi dei cittadini".
Giuliano Amato ha espresso questo gusto già all’apertura "La vera diseguaglianza è il non essere liberi di essere ciò che si è" quindi "lo stato moderno è nato facendo dei propri cittadini delle persone dotate dello stesso status un’opera in cui si cimenta lo stato nazionale, più per affermare il proprio potere che per garantire a tutti uguali diritti". Avere il gusto dell’uguaglianza richiede la capacità di posizioni inedite e spregiudicate a fronte delle nuove sfide poste dalle innovazioni scientifiche e tecnologiche in un contesto economico globalizzato.
Per cui "chiudersi nel proprio particolare" non costituisce una soluzione efficacie per il Presidente della Camera Gianfranco Fini: “L'identità nazionale rende l'Europa più forte ma guai a pensare che di fronte alla crisi ci si possa chiudere nel proprio particolare. Se va in crisi la Grecia, la Germania trema. Ma si può pensare, come qualcuno forse pensa, che se va in crisi la Grecia, ci si può rinchiudere nel ridotto padano? Se va in crisi la Grecia, non è il ridotto padano, bisogna potenziare l'Italia in blocco, dobbiamo credere di più all'integrazione europea” perché "oggi la politica ha il respiro corto, guarda il contingente anziché delineare lo scenario di media lunga prospettiva" oggi la politica "sembra più attenta a incassare subito un consenso non strutturale".
Sul distacco tra cittadini e politica pubblica il Presidente della Camera è stato esplicito "La legge e' uguale per tutti, nessuno si deve chiamare fuori, questo vale chiaramente anche per il ceto politico. Non si deve avere l'impressione, non sempre sbagliata purtroppo, che si predichi e si razzoli male. Questo può piacere o non piacere, ma il tema non può essere eluso". Un'altra ospite è stata il premio Nobel Shirin Ebadi, che ha affermato: "Il burqua non è legale neppure per l'islam. Non è previsto dalla religione islamica, per la quale le donne, invece, durante le preghiere devono tenere il volto ben visibile. L'indossare il velo integrale fa parte della tradizione di alcune tribù dell'Afghanistan. Chi si copre il volto non consente la propria identificazione, perché è impossibile vederle il viso. Chi vive in Europa non dovrebbe portare il burqa. Diverso il discorso per l'hijab, che copre solo il capo e la nuca".
Non stupisce che Shirin Ebadi - che oggi sostiene la campagna per il nobel per la Pace a Internet - insieme a me e ad altri parlamentari europei, al WSIS del 2004 di Tunisi abbia garantito a diverse ONG e associazioni per i diritti la possibilità di tenere una conferenza stampa, nonostante la presenza intimidatoria della polizia del regime. Lungo le quattro giornate e attraverso la città si è discusso delle diseguaglianze dell’agricoltura nel mondo globale, di parità o disuguaglianza nella realtà virtuale, di disuguaglianze informative, economiche e censitarie o di quelle digitali, del passaggio da disuguaglianze a differenze e dalla contestuale negazione della neutralità del diritto, prodotti dall’irrompere della coscienza di genere grazie al protagonismo femminista.
Stefano Rodotà ha invitato ognuno a non vedere le persone che ci circondano come “altro da sé” e propone l’eguaglianza come “possibilità di essere diversi nella costruzione della propria personalità e con l’obbligo di reciprocità”. La globalizzazione dei mercati, dopo il secolo delle ideologie, è stata spesso presentata come l’avverarsi del sogno liberatorio della modernità, al momento, in verità, essa ha messo in luce i limiti della politica nell’azione di governance dei grandi problemi che essa ha svelato. Insicurezza, migrazioni disperate, integralismi, tribalismi e autoreferenzialità xenofoba, omologazione consumistica , cambiamenti climatici e limiti delle risorse naturali disponibili si presentano come un tragico risveglio.
Il quadro che ne esce presenta un’amara verità agli uomini: la riduzione a essere una rotella degli ingranaggi, dove, dalle innovazioni bioetiche a quelle digitali, l’accesso alle conoscenze se discriminato dalle disponibilità economiche e dal censo costituirebbe nel tempo una casta superiore, per questo Rodotà ha citato i film Metropolis di Fritz Lang o Tempi Moderni di Charlie Chaplin, mentre Zygmunt Bauman ha ricordato che il consumismo è "un sistema che rende l’uomo inevitabilmente un miserabile scarto, un escluso, a causa della mercificazione delle esistenze e dell’omologazione planetaria che non ammette eccezioni”. Quindi la declinazione proposta da Stefano Rodotà dell’eguaglianza come libertà e dignità delle persone di fronte alla vita, a fronte di un mondo frammentato, che vive tempi difficili necessita che coloro che hanno il “gusto” diventino, come in una vecchia canzone francese, “partigiani dell’eguaglianza”.
E’ toccato ad uno di questi, ad uno dei pensatori europei più autorevoli della crisi della modernità come Bauman, raccogliere questo insieme di problemi e di speranze nell’intervento conclusivo, nel quale l’analisi delle “disuguaglianze nel mondo liquido” e la regressione di civiltà non si propongono come esito pessimista, bensì come solo un appello a prendere coscienza della situazione. Bauman vede nella manipolazione dell’insicurezza, attraverso l’incertezza, lo strumento e la natura stessa della “istituzionalizzazione della disuguaglianza di potere, madre di tutte le disuguaglianze”. Per Bauman le strutture della burocrazia costituiscono organizzazioni in seno alle quali “una categoria di funzionari fa di tutto per imporre all’altra, quella che vuole assoggettare a sé stessa, un codice di comportamento il più possibile pervasivo e dettagliato, che idealmente dovrebbe rendere monotamente regolare, e quindi del tutto prevedibile, la condotta dei gruppi così fissati”. La stessa categoria, per contro, si sforza di tenersi libere le mani (e le gambe…), cosicché le sue mosse rimangono impossibili da prevedere e continuano a sfidare ogni calcolo e pronostico della categoria condannata alla subordinazione. Strutturare la condizione dell’avversario e destrutturare la propria: in ciò consiste ogni strategia di ogni lotta di potere. Ma, nota Bauman, con il passaggio nell’era moderna dalla fase “solida” all’attuale “liquida”, la situazione cambia. Nella società in rete un mondo “molteplice, complesso, in rapido movimento, ambiguo, vago, plastico, incerto, paradossale, persino caotico”, aggregazioni, collaborazioni, alleanze, si costituiscono ad hoc, come richiedono le circostanze. "Qui i manager hanno abbandonato la “scienza gestionale” che suggerisce regole di comportamento permanenti e stabili: non vedono l’ora di giocare al gioco dell’incertezza; preferiscono il caos all’ordine”.
Bauman sembra descrivere la sfida dei produttori di valore nell’economia della conoscenza e lo scontro tra i modelli reticolari e variabili che essi praticano e quelli gerarchici e verticali propri di quelli tradizionali, riferimento per il sistema normativo e di rappresentanza sociale. Qui sta tutta l’implicazione politica per una nuova cittadinanza e la definizione di nuovi diritti nella società della conoscenza, nella quale ogni netizen esige una rete neutrale, la disponibilità libera degli alfabeti digitali, la libera condivisione della conoscenza, la consapevole e controllata gestione della propria identità, nell’era della tracciabilità pervasiva, della profilazione e della previsionalità dei comportamenti. Nei contesti relazionalmente predefiniti dei social network, sono proprio gli utenti, i diversi stakeholder, ad avere interesse a partecipare alla definizione di regole di garanzia costitutive per la libertà della rete, del pensiero e delle identità che in essa si definiscono. Qui entriamo nel tema del prossimo appuntamento del Festival del Diritto, annunciato in chiusura da Rodotà, "L'umanità e la tecnica".

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