ciao, welcome :-)

in questo blog metto un po di tutto se cerchi qualcosa che non trovi chiedimelo

mercoledì 21 febbraio 2024

LA SANITÀ LOMBARDA NON FUNZIONA l'inquinamento invece funziona bene

ArcipelagoMilano 20 febbraio 2024
di Fiorello Cortiana Milano, nella giornata di domenica 18 febbraio, è stata preceduta soltanto da Dacca in Bangladesh e da Lahore in Pakistan, tra le città più inquinate al mondo. Classifica che il sito svizzero IQAir aggiorna costantemente. Il sito svizzero ha indicato una concentrazione di PM 2.5, le ‘polveri sottili’, di quasi 30 volte superiore al livello per la qualità dell’aria indicato dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Secondo il sindaco Sala “Sono le solite analisi estemporanee, gestite da un ente privato. Mi meraviglio anche di voi, non é che potete riportare notizie lette dai social. Una reazione stizzita al dato registrato dal sito svizzero, eppure anche un report dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, ha illustrato che a gennaio ‘24, in più casi, è stata superata la soglia critica delle concentrazioni di PM10. I dati sono del servizio europeo di monitoraggio dell’atmosfera Copernicus noto come Cams, che monitora e prevede la qualità dell’aria su scala globale e regionale, combinando osservazioni satellitari e sul terreno, di inquinanti atmosferici. IQAir consigliava di evitare l’esercizio fisico all’aperto, di chiudere le finestre casa, di indossare mascherine all’aperto e utilizzare i purificatori d’aria. Nessun ente istituzionale ha dato queste indicazioni alla cittadinanza nelle settimane di gennaio. Il sindaco Sala avrebbe altresì potuto seguire l’appuntamento dell’European Respiratory Society, dal 9 al 13 settembre scorsi a Milano. Francesco Forastiere: «I piccoli sono i più esposti alle polveri sottili. Hanno più probabilità di sviluppare infezioni respiratorie e ritardi nello sviluppo». Avrebbe potuto ascoltare Francesco Forastiere, epidemiologo e direttore della rivista Epidemiologia&Prevenzione, docente all’Imperial College di Londra. «Le polveri sottili aumentano il rischio non solo che i cittadini sviluppino malattie respiratorie, ma anche cardiovascolari. E si stanno acquisendo conoscenze sul collegamento con la demenza, l’autismo e il diabete». «A causa dell’inquinamento è più alta la probabilità di essere colpiti da infarto, ictus, scompenso cardiaco, asma bronchiale, bronchite cronica. E lo smog peggiora le condizioni di chi è già malato». «I bambini esposti all’inquinamento hanno più probabilità di sviluppare infezioni respiratorie, asma e ritardi nello sviluppo: è nostra responsabilità proteggerli». «La Commissione europea ha sviluppato la proposta di direttiva che, una volta approvata, scatterà dal 2030: la direttiva propone limiti a metà strada tra quelli dell’Oms e quelli in vigore ora». « Serve anche più formazione dei medici e degli operatori sanitari». Sono considerazioni cruciali che vanno messe in relazione ad un sistema socio-sanitario che sembra avere altri indici di riferimento, altri benchmark: quelli di farmindustria. Andiamo con ordine, partiamo dalla prevenzione e dalla cura, quindi dalle visite e dagli interventi. Ad esempio: in Italia il tempo medio d’attesa per una prestazione sanitarie per un intervento per tumore alla mammella è di circa 27 giorni, 30 in Lombardia. Per un tumore alla prostata, l’attesa media italiana è di 53 giorni, 67 in Lombardia. È certamente capitato a tanti di sentirsi proporre, per esami, visite, interventi, tempi molto ristretti con soluzioni ‘in solvenza’. Eppure, laddove fossero esaurite le possibilità di prestazioni con il Servizio Sanitario Nazionale, presso una unità ospedaliera pubblica o del cosiddetto privato convenzionato, la legge prevede che, al costo dello stesso ticket, la prestazione debba essere calendarizzata sulle agende delle solvenze. La riforma regionale lombarda, dal 1° settembre 2022, ha introdotto visite ed esami serali, il sabato e la domenica e un nuovo sistema di remunerazione legato al rispetto dei tempi d’attesa, con tagli dal 5% al 50% dei rimborsi alle strutture, per ogni prestazione fornita oltre i tempi previsti. Anche nel privato accreditato. Ciò perché ‘in solvenza’ fosse una libera scelta del cittadino non una costrizione per avere visite e interventi in tempi rapidi. Ma tant’é… Facciamo un passo di lato e consideriamo il mondo del farmaco. Un mondo articolato e definito da norme. Ai fini della rimborsabilità, i farmaci sono classificati in tre diverse fasce (o classi): FASCIA A: comprendente, così come definiti da AIFA, i farmaci essenziali e quelli per le malattie croniche, interamente rimborsati dal SSN, a meno che non sia presente una nota AIFA che vincola la rimborsabilità a specifiche condizioni patologiche o terapeutiche in atto. La modalità di fornitura dei farmaci di fascia A avviene attraverso le farmacie territoriali o le strutture sanitarie pubbliche. La determinazione del prezzo avviene attraverso la contrattazione tra AIFA e le singole aziende farmaceutiche. FASCIA H: comprendente i farmaci di esclusivo uso ospedaliero utilizzabili solo in ospedale o che possono essere distribuiti dalle strutture sanitarie. FASCIA C: comprende quei farmaci che, secondo AIFA, non sono considerati essenziali, ma che richiedono comunque una prescrizione medica, e sono a totale carico del paziente (ad eccezione dei titolari di pensione di guerra vitalizia). I farmaci di fascia C senza obbligo di prescrizione medica sono a loro volta distinti in due sottoclassi: farmaci utilizzati per patologie di lieve entità o considerate minori (OTC) individuati nella fascia C-bis, e farmaci senza obbligo di prescrizione medica (SOP). I prezzi dei farmaci di fascia C sono liberamente determinati dalle singole aziende farmaceutiche. Il loro prezzo, e quello dei medicinali di fascia C-bis, può essere aumentato da parte delle aziende produttrici ogni due anni, nel mese di gennaio degli anni dispari. Sugli aumenti di prezzo vigila l’AIFA che effettua un monitoraggio sugli incrementi, che non possono superare l’inflazione programmata. I prezzi dei medicinali senza obbligo di ricetta medica, invece, sono stabiliti autonomamente da ciascun esercizio (farmacia, parafarmacia o corner del supermercato). In realtà c’è un prezzo “consigliato” dalla azienda produttrice sul quale il venditore può applicare uno sconto. Un cambiamento epocale è avvenuto, alcuni anni fa, con l’arrivo dei farmaci equivalenti, i “farmaci generici”, che ha comportato una evidente riduzione dei prezzi, in particolare dei farmaci in fascia A, e di conseguenza dei ricavi da parte delle aziende farmaceutiche. Moltissime aziende farmaceutiche si sono, quindi, concentrate sullo sviluppo della fascia C, in particolare degli OTC e SOP, che possono essere pubblicizzati al consumatore finale, il paziente, si prestano alla creazione di linee di prodotti più o meno uguali spiegati negli spot, vengono venduti non solo in farmacia, ma on-line, in parafarmacie o corner nei supermercati. Inoltre. Anche per loro il prezzo può essere aumentato ogni due anni. C’è stato un settore che ha avuto un notevole sviluppo negli ultimi anni: quello degli ‘integratori alimentari’, per i quali è molto più rapido ottenere le autorizzazioni e non sono vincolati né nel prezzo, né nei controlli. Questa fascia di mercato era prerogativa di aziende specializzate mentre oggi vede la presenza anche di molte aziende Farmaceutiche classiche. Gli “integratori” soddisfano il crescente bisogno e la ricerca della salute da parte della popolazione, che vuole sentirsi protetta e in salute, a cui non piace sentirsi malata e, quindi, ritiene di non aver bisogno del farmaco. Gli ‘integratori’ contengono sostanze o dei principi attivi che hanno delle attività farmacologiche che potrebbero essere causa di effetti indesiderati o di interazioni con eventuali farmaci assunti in concomitanza. Perciò dovrebbero essere assunti con cognizione di causa, meglio se su consiglio di un medico o di un farmacista, invece dei ‘fai da te’ su Google. Arriviamo, quindi, al medico di base, che ha incentivi regionali se non supera una percentuale di prescrizioni. Per cui: se si vuole la sua prescrizione per un esame particolare, questa deve essere indicata da uno specialista e noi torniamo alla casella vicina ‘in solvenza’ o lontana con il SSN. Con l’aumento significativo dell’età media della popolazione la domanda di prestazioni sanitarie è destinata ad aumentare, con essa il carico assistenziale per i medici di base, per i centri diagnostici e per gli ospedali. Le Case di Comunità sono state pensate per uscire da questo doppio vincolo, affinché il medico di base potesse lavorare in modo integrato nelle Case di Comunità, mettendosi così in rete e in relazione con gli specialisti. Informazioni, prestazioni e cure puntuali, capaci di una risposta qualitativa a un aumento quantitativo della domanda. Evitando, altresì, di caricare in modo improprio i Pronto Soccorso, particolarmente nei fine settimana. Le 216 Case di Comunità previste dall’assessore regionale di allora Letizia Moratti, o le 500 richieste dal Pd, hanno fissato il confronto in modo strabico sui costi e sulla necessaria assunzione di migliaia di medici e infermieri, che in Italia non ci sono anche grazie al numero chiuso nelle facoltà di medicina. Le Case di Comunità esistenti sono, in buona sostanza, scatole vuote, invece degli ambulatori territoriali, anch’essi previsti dalla riforma regionale, non c’è traccia. Così come non vi è alcuna partecipazione degli Enti del Terzo Settore alla co-programmazione e co-progettazione, come previsto dalla norma e dal Codice del Terzo Settore e come richiamato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 131 del 2020, che vede l’esercizio della sussidiarietà orizzontale valorizzato dall’art. 118 della Carta. Il sistema socio-sanitario è sottoposto a due sollecitazioni. Quella della Corte Costituzionale che, nella sentenza n. 236/2012, afferma che la libertà di scelta del luogo di cura è chiaramente indicata priva di carattere assoluto, dovendo essere contemperata con altri valori costituzionali, anche in considerazione di limiti oggettivi derivanti dalle risorse finanziarie disponibili. Il legislatore può limitare detta libertà di scelta del paziente “a condizione che il sacrificio risulti necessario dall’esigenza di preservare altri beni di rango costituzionale, quale ad esempio un efficiente ed efficace organizzazione del sistema sanitario”. Analogamente per il diritto all’assistenza indiretta: la Corte costituzionale lo fa rientrare nel “contenuto essenziale” del diritto alla salute, collegato all’esistenza e alle modalità organizzative del Servizio sanitario nazionale. Nella sentenza n. 267/1998 si stabilisce che la scelta del paziente è salvaguardata “da quelle disposizioni di legge – come l’art. 3 della legge n. 595 del 1985 – che legittimano il ricorso a forme di assistenza indiretta nelle ipotesi in cui le strutture del servizio sanitario – incluse quelle convenzionate ed oggi quelle accreditate – non fossero in grado di assicurare un tempestivo intervento sanitario, reso peraltro indifferibile dalle condizioni di salute della persona bisognosa di prestazioni di cura”. Per conseguenza, è illegittima la legge (nel caso una legge regionale) che escluda qualsiasi rimborso in mancanza di previa autorizzazione, senza possibilità di deroga, “neppure qualora ricorrano particolari condizioni di indispensabilità, di gravità ed urgenza non altrimenti sopperibili”. La Corte è esplicita anche in relazione ai limiti oggettivi delle risorse disponibili. Con la sentenza n.304/1994, afferma che nel bilanciamento dei valori costituzionali che il legislatore compie nel dare attuazione al “diritto ai trattamenti sanitari”, non può non tenersi conto delle esigenze relative all’equilibrio della finanza pubblica. Se queste esigenze, “nel bilanciamento dei valori costituzionali operato dal legislatore, avessero un peso assolutamente preponderante, tale da comprimere il nucleo essenziale del diritto alla salute connesso all’inviolabile dignità della persona umana, ci si troverebbe di fronte a un esercizio macroscopicamente irragionevole della discrezionalità legislativa”. La “dignità umana”, quale “nucleo irriducibile del diritto alla salute”, un limite invalicabile di cui nel bilanciamento il legislatore non può non tener conto. La seconda sollecitazione ha la prepotenza del mercato e degli interessi finanziari e professionali inerenti. La salute qui diventa una merce e il cittadino diventa un consumatore da spremere. Di fronte a un problema di salute, i pazienti hanno due possibilità: pagare le cure di tasca propria, tramite assicurazione privata o direttamente pagando la prestazione. Così le liste d’attesa distribuiscono la domanda di prestazioni su un tempo lungo in sintonia con le scarse risorse pubbliche disponibili annualmente stanziate. Le risorse per il capitolo socio-sanitario delle regioni sono sostanzialmente definite dal governo centrale, solo in parte dalle regioni con una quota dell’IRAP e con le addizionali IRPEF. E’ una condizione discriminante di classe che risolve la tensione tra l’accesso universale alle prestazioni, l’esenzione dal pagamento delle stesse per molti pazienti e la sostenibilità del sistema dei bilanci pubblici, a favore della compatibilità di fatturazione della sanità convenzionata e dei suoi medici. Rispetto al circolo vizioso tra prescrizioni e prestazioni, in solvenza o in ritardo, nel quale ogni cittadino percorre il suo Gioco dell’Oca la proposta dell’assessore regionale lombardo Bertolaso è così a-contestuale da crederla riferita ad un altro pianeta. Ha spiegato a Lombardia Notizie Online “Il concetto della premialità è semplice. Se porti avanti uno stile di vita il più corretto e salutare possibile, puoi guadagnare punti che ti permettono di ottenere un riconoscimento”. “Per incentivare comportamenti virtuosi che, fra l’altro, ci consentirebbero anche di abbattere i costi della sanità, si potrebbe ricorrere a una premialità. Penso, ad esempio, ad ingressi nei nostri centri termali di altissima qualità dove effettuare cure o alla possibilità di offrire skipass gratuiti sui nostri comprensori montani che, proprio fra 2 anni, ospiteranno le Olimpiadi. Stiamo anche pensando a come coinvolgere gli organizzatori dei grandi eventi che ogni anno ospitiamo in Lombardia in modo tale da mettere a disposizione premialità di questo genere”. La questione delle liste d’attesa è un’emergenza strutturale e con il modello attuale di sanità non potrebbe essere altrimenti. Con tutta evidenza si tratta di una questione di equità sociale e come tale va riconosciuta e affrontata.

lunedì 12 febbraio 2024

I trattori interessano Milano e i milanesi

ArcipelagoMilano 6 febbraio 2024 AGRICOLTURA E EUROPA I trattori arrivano a Milano di Fiorello Cortiana Possiamo restare indifferenti osservatori dei trattori che arrivano da Melegnano? Possiamo derubricare questa intensa e diffusa mobilitazione degli agricoltori come espressione populistica dei percettori dell’assistenzialismo? Possiamo continuare a misurare il mondo e i suoi territori dal centro delle nostre città? Possiamo lasciare gli agricoltori nella esclusiva disponibilità funzionale delle corporation farminindustriali e degli accrediti procedurali di Bruxelles? Queste domande possono sembrare retoriche ma rimandano a una necessaria relazione con l’intero ecosistema e al riconoscimento della funzione plurime dei suoi attori sul campo. Molti non lo sanno che Milano è la seconda città italiana per superficie agricola dopo Roma. Se andiamo oltre la cinta daziaria Milano, come Città Metropolitana, è la prima. Eppure il distacco tra ‘città e campagna’ ( come si declinava un tempo) è pressoché assoluto. Ciò vale per il comune capoluogo, che ha come ombelico lo stadio ovunque posizionato, così è anche per i comuni di prima cintura, già interni al Parco Agricolo Sud Milano, il più grande parco di cintura in Europa. Oltre che una miopia in relazione alle politiche europee per la sostenibilità, lasciare il corpo sociale di questa mobilitazione ai sovranismi antieuropei sarebbe un errore politico che andrebbe a indebolire la condizione già critica dell’istituto della democrazia. Peraltro, le dichiarazioni ai TG e i cartelli inalterati mettono in luce una chiara consapevolezza della natura del mercato globalizzato: le corporation e gli stati-corporation, come la Cina, alterano la parità di condizioni per la concorrenza. Proprio a partire dalla questione ambientale, con le implicazioni per la salute. In un territorio che vede un costante aumento del consumo di suolo in chiave immobiliare, non è possibile considerare la coltivazione dei terreni un problema in sé. In un contesto climatico di forte alterazione la gestione delle acque e della falda non può essere di esclusiva pertinenza delle società energetiche. Così come la possibilità di produrre energia in modo circolare e con emissioni ridotte attraverso gli impianti di biogas, attraverso pompe di calore, biomasse, pannelli fotovoltaici sui tetti di stalle, magazzini e cascine. Gli agricoltori possono dare un contributo significativo alla costituzione di comunità energetiche. Considerare gli agricoltori dei protagonisti da responsabilizzare non può significare sanzioni, al contrario si tratta di coinvolgerli nei processi di programmazione, di progettazione e di rendicontazione delle scelte pubbliche. Così, infine, per il Parco Agricolo Sud Milano, gli agricoltori devono diventare i custodi e manutentori e questa funzione deve essere riconosciuta e gratificata economicamente. Tutto ciò non significa meno Europa, bensì una Europa democratica e partecipata, capace di riconoscere e valorizzare una ecologia delle differenze, che trovano espressione sia nelle filiere agroalimentari, sia nelle espressioni culturali e di paesaggi delle identità locali europee. Una Europa glocale, capace di affermare i propri indirizzi di tutela e di collaborazione nella competizione tra continenti. Una Europa ad un tempo capace di valorizzare le comunità locali. Non è un auspicio idealista ma una necessità. Per questo le domande iniziali non sono retoriche. Fiorello Cortiana

mercoledì 24 gennaio 2024

FAUSTO TINELLI E LORENZO “IAIO” IANNUCCI: RIPARTONO LE INDAGINI

ArcipelagoMilano 23 gennaio 2024 Ricordare i fatti e il clima politico. Una lezione per l'oggi
Dopo 24 anni dalla archiviazione la Procura di Milano ha aperto un ulteriore fascicolo d’indagine sull’omicidio Di Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci. Nel 2000 l’archiviazione venne chiesta dal PM Stefano Dambruoso e fu approvata dalla GIP Clementina Forleo perché gli elementi a carico della destra eversiva e degli indagati furono ritenuti soltanto indiziari. Il sindaco Beppe Sala aveva inviato una lettera al capo della procura, Marcello Viola, chiedendo formalmente la riapertura delle indagini. Per il momento, il fascicolo aperto dalla Procura è conoscitivo, per ora non ci sono indagati né ipotesi di reato. La cosa ci riguarda, non per aver condiviso quegli anni, né per indulgenza, né per nostalgia generazionale. La verità sull’omicidio di Fausto e Iaio è parte della composizione di una memoria condivisa, ma c’è un altro significato che è cruciale per uscire dal lungo limbo succeduto alla Prima Repubblica. Erano i giorni successivi allo spettacolare sequestro di Aldo Moro nella Capitale con il massacro della sua scorta. Aldo Moro, che già dieci anni prima, al Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana, così rifletteva sul movimento studentesco che attraversava le città europee: “Tempi nuovi si annunciano ed avanzano in fretta come non mai. Il vorticoso succedersi delle rivendicazioni, la sensazione che storture, ingiustizie, zone d’ombra, condizioni d’insufficiente dignità e d’insufficiente potere non siano oltre tollerabili, l’ampliarsi del quadro delle attese e delle speranze (…), sono tutti segni di grandi cambiamenti e del travaglio doloroso nel quale nasce una nuova umanità. (…) Nel profondo, è una nuova umanità che vuole farsi, è il moto irresistibile della storia”. I tempi che seguirono furono quelli delle bombe alla Banca dell’Agricoltura, sui treni, in Piazza della Loggia, con la sordità politica trasversale verso quelle ‘rivendicazioni’, quelle ‘speranze’, quei ‘travagli’. La proposta di un Compromesso Storico tra tutte le forze popolari che avevano condiviso la Costituzione, aveva la consapevole incoscienza di uno sguardo lungo che sfidava le geografie obbligate del Patto di Yalta. Non ha quindi costituito un azzardo giornalistico il parallelo tra il tentativo promosso da Aldo Moro, in Europa, e quello avviato da Salvador Allende in Sud America. Aldo Moro, uno dei pochi esponenti della classe dirigente che interpretava la propria funzione con la volontà di inverare la democrazia repubblicana nella sua pienezza. L’assassinio dei due ragazzi 18enni, militanti del Centro Sociale Leoncavallo, si inscrive nel contesto di quei giorni e nelle azioni messe in atto per fare precipitare il Paese nella deriva terrorista affinché un colpo di stato per ripristinare ‘l’ordine’ pre-stabilito fosse ritenuto necessario. La dissoluzione di qualsivoglia blocco sociale capace di esprimere domande di senso e di avanzare risposte è il riflesso dell’atomizzazione sociale e della deriva finanziaria dell’economia costituisce la cifra del tempo che stiamo vivendo. La crisi dell’istituto della democrazia interessa tutti i paesi che l’hanno adottato, è perciò importante coltivare la memoria di quei giorni per coglierne l’indicazione tutt’ora valida. In quei giorni di militarizzazione del Paese, giorni nei quali gli Autonomi facevano da cassa di risonanza sulle magnifiche sorti e progressive della ineluttabilità rivoluzionaria della lotta armata, Milano reagì all’assassinio di Fausto e Iaio con l’espressione di una intelligenza collettiva condivisa. Non c’erano reti digitali, c’erano radio libere, una stampa quotidiana avvertita, non solo quella politicamente più radicale come Lotta Continua, c’erano molti collettivi e centri sociali nei quartieri e le sedi dei partiti popolari, c’erano molti bar, dai Navigli a Brera che ne costituivano una estensione. Avvenne qualcosa di importante, a differenza di altre situazioni analoghe nessuno pensò di ripetere il rituale classico: bruciato qualche locale frequentato da militanti di destra e quindi in massa verso la sede dell’MSI in via Mancini, con decine di blindati e camionette della Polizia a fare da scudo è le prime file dei servizi d’ordine a infrangersi tirando molotov, bulloni, sampietrini, per poi scappare sotto i colpi ad altezza d’uomo, come si diceva. In quei giorni di marzo del 1978 ci fu una consapevolezza diffusa del gioco pesante che era in atto sulla testa di tutti. Noi dei collettivi giovanili milanesi condividemmo migliaia di manifesti e centinaia di migliaia di volantini. Dalle scuole andammo nei quartieri e davanti alle fabbriche, ce ne erano ancora tante, anche piccole, nella transizione post-industriale in atto, i sindacati indissero due ore di sciopero per i funerali e la cosa non fu semplice, né scontata. C’era una distanza ampia tra i movimenti del decennio e le rappresentanze della sinistra storica. Si arrivò al giorno dei funerali con una manifestazione di 100.000 persone, senza servizi d’ordine, con l’affermazione di una volontà di sottrarsi a una parte in commedia e alla commedia stessa. Quel corteo intenso e pacifico passò davanti alla Camera del Lavoro chiusa, ma al suo interno c’erano moltissimi lavoratori: la distanza formale colmata da una sapienza saggia. Milano si era espressa come una comunità, capace di prendere la parola senza parlare. Oggi viviamo legislature che propongono leggi elettorali su misura di chi le approva, riforme della Costituzione disegnate sulla presunzione dell’eternità di chi governa al momento, con una partecipazione al voto che supera di poco il 40%. Nessuna nostalgia ma memoria sì, cambiano le modalità di produzione del valore, di comunicazione, di composizione e organizzazione sociale, ma resta valida l’indicazione di quei giorni, felicemente espressa dalle parole di Giorgio Gaber ‘La Libertà è partecipazione’. Oggi possiamo declinarla come partecipazione informata al processo deliberativo: dagli Ex Scali FS a San Siro non è stato così. Ora la Procura di Milano ha aperto un nuovo fascicolo e l’antiterrorismo torna a indagare sull’omicidio dei due giovani militanti uccisi nel 1978. Aspettiamo dei risultati tangibili.

mercoledì 10 gennaio 2024

IL CLIMA UN PROBLEMA STRATEGICO

ArcipelagoMilano 9 gennaio 2024 IL CLIMA UN PROBLEMA STRATEGICO Scegliere un percorso e seguirlo di Fiorello Cortiana I principali scienziati climatici del mondo (AIE-EIA, IPCC) hanno costantemente avvertito che è fondamentale, per la prospettiva vitale della nostra specie. la riduzione delle emissioni prima del 2030 per mantenere il riscaldamento globale a un massimo di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Ora, due anni dopo uno dei più ripidi aumenti delle emissioni atmosferiche globali della storia, potremmo trovarci di fronte a un passaggio vitale per la nostra specie. All’inizio di quest’anno, l’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE-EIA) ha fatto sperare nella fine dell’era dei combustibili fossili quando ha previsto per la prima volta che il consumo di petrolio, gas e carbone avrebbe raggiunto il picco prima del 2030 e avrebbe iniziato a diminuire con l’entrata in vigore delle politiche climatiche. Il rapporto della IEA, uno dei più influenti nel dibattito sul clima e sull’energia, ha studiato la produzione di energia in 78 paesi che rappresentano il 92% della domanda globale di elettricità. Lo scenario proposto dall’IEA, basato sulle politiche dichiarate dai governi globali, mostra che le emissioni potrebbero raggiungere il picco già quest’anno per iniziare poi un lento declino. Uno scenario che non può essere considerato una previsione, ma è uno dei barometri più affidabili di ciò che il futuro potrebbe riservare perché si basa su quello che i governi stanno facendo piuttosto che su ciò che dicono che faranno. Il rapporto rileva che il costante aumento dell’energia eolica e solare è avviato a superare la crescente domanda mondiale di energia. Il rapporto ha evidenziato che le emissioni derivanti dalla produzione di elettricità si erano stabilizzate nella prima metà del 2023 e potrebbero essere destinate a diminuire a partire dal prossimo anno. La diffusione dei veicoli elettrici a livello globale comincerà a erodere la domanda di carburanti stradali, che costituisce il 50% della domanda di petrolio nei paesi sviluppati. Rilevati un aumento del 16% nella quantità di energia solare generata e un aumento del 10% nella produzione globale di energia eolica, quindi le energie rinnovabili inizieranno a sostituire i combustibili fossili su scala globale. Queste tendenze hanno subito un’accelerazione dopo L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha prodotto un aumento dei prezzi delle materie prime per gas e petrolio nel 2022 e questo ha incentivato l’interesse per la garanzia di fonti nazionali di energia pulita. Con il voto di settembre 2023 il Parlamento Europeo ha confermato l’impegno a raggiungere obiettivi di qualità dell’aria allineati alle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Una tappa intermedia al 2030 e un traguardo finale al 2035, affinché i cittadini europei possano respirare un’aria che, secondo i criteri di qualità dell’OMS, minimizzano gli effetti sulla salute respiratoria e cardiocircolatoria delle sostanze inquinanti aerodisperse. Gli Stati Membri potranno ottenere una deroga di cinque anni una tantum per le regioni con vincoli orografici, come la Pianura Padana , ciò non li esime dal dotarsi di un piano di azioni per ridurre le concentrazioni atmosferiche dei diversi inquinanti. Ora questo indirizzo dovrà essere perfezionato, entro il termine di legislatura, dal negoziato con il Consiglio Europeo. Si tratta di una decisione importante perché, come ha fatto notare Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “Sono infatti oltre trecentomila le morti annuali correlate all’inquinamento atmosferico in Europa, con un quinto di queste a carico del territorio italiano, specialmente al Nord.” “Sono sfide molto impegnative che devono essere raccolte quanto prima, se non vorremo trovarci di nuovo, al termine di questo difficile percorso, nella spiacevole situazione di essere la regione più inquinata d’Europa, per esserci sottratti alle nostre responsabilità”. “Energia pulita per i cittadini europei” (Clean Energy for all Europeans). L’Unione Europea ha approvato la direttiva 2018/2011/Ue, direttiva Red II, per la promozione delle fonti rinnovabili, disciplinando l’autoconsumo collettivo e le Comunità energetiche rinnovabili, le CER. Risulta così significativamente coerente la decisione del 22 novembre scorso con la quale la Commissione Europea ha dato il via libera al decreto attuativo italiano che norma la tariffa incentivante destinata all’energia autoconsumata nell’ambito di una Comunità Energetica Rinnovabile (CER). Una Comunità Energetica Rinnovabile-CER è un soggetto giuridico autonomo controllato da soci o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione energetica. Partecipano ad una CER tre soggetti diversi: producer(Produttore); consumer(Consumatore); prosumer(Produttore e Consumatore). Cittadini, attività commerciali, artigianali, industriali, piccole e medie imprese unite per la produzione, la condivisione e lo scambio di energia elettrica prodotta attraverso impianti di energia rinnovabile. Non richiede la realizzazione di nuove infrastrutture ma solo di nuovi impianti di produzione di energia rinnovabile. Così il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha trasmesso alla Corte dei Conti il decreto di incentivazione alla diffusione dell’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. Un provvedimento costituito da due misure che puntano alla diffusione delle Cer: un contributo a fondo perduto e una tariffa incentivante sull’energia rinnovabile prodotta e condivisa. Inoltre, con l’allargamento del perimetro alla cabina primaria, maggiori dimensioni degli impianti e il potenziale coinvolgimento di migliaia di utenze. Incentivo in tariffa Il Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica-MASE darà accesso alla tariffa incentivante fino al raggiungimento di un contingente massimo di 5 GW di potenza entro il 31 dicembre 2027. Ad avere accesso agli incentivi non saranno solo le CER, ma anche i sistemi di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili e i sistemi di autoconsumo individuali di energia rinnovabile a distanza che utilizzano la rete elettrica di distribuzione. L’incentivo in tariffa riguarda l’energia autoconsumata, ovvero l’energia che viene utilizzata dai membri della CER nel momento in cui l’impianto produce (l’unità minima è l’ora). Potranno accedere all’incentivo: Gli impianti con potenza massima non superiore a 1 MW (lo stesso per gli interventi di potenziamento) che presentino domanda di incentivazione al GSE entro 120 giorni successivi alla data di entrata in esercizio; Le CER che risultano costituite alla data di presentazione della domanda di accesso agli incentivi; Gli impianti di produzione e i punti di prelievo di una CER facenti parte dell’area sottesa alla medesima cabina primaria Gli incentivi in forma di tariffa sono cumulabili con contributi in conto capitale nella misura massima del 40%, nel rispetto del principio di divieto di doppio finanziamento di cui all’art. 9 del Reg. (UE) 241/2021. La tariffa incentivante, garantita per una durata di vent’anni, è composta da due componenti: una parte fissa e una variabile. La parte fissa prevede tre scaglioni in funzione della taglia dell’impianto. La parte variabile è soggetta alle variazioni del prezzo di mercato dell’energia (Pz). La tariffa incentivante aumenta al diminuire della potenza degli impianti e al diminuire del prezzo dell’energia (Pz). Anche le regioni hanno iniziato a muoversi verso la transizione. La Regione Emilia Romagna è stata la prima ad approvare una legge regionale sulle Cer, con contributi e strumenti finanziari. L’Agenzia di Informazione e Comunicazione della Giunta regionale dell’Emilia Romagna ha attivato un sito con la descrizione degli esempi virtuosi di costituzione delle Comunità energetiche in Regione. La Lombardia è la prima regione, relativamente alla potenza dei pannelli fotovoltaici installati, il 12,6% rispetto all’Italia.Opportunità per i Comuni promotori di impianti e CER: 20 ml nel bando da Legge regionale (2023-2024), circa 55 milioni nei Fondi comunitari di sviluppo FESR, sino 2027, circa 400 milioni di PNRR per Comuni con meno 5mila abitanti, entro 2026. Per la manifestazione di interesse sulle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) sono state presentate candidature per 513 progetti da parte di altrettanti Comuni lombardi, un terzo di tutti i Comuni della Lombardia. 242, il 47%, interessano Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. Si muovono anche le città. Il Comune di Milano ha aderito all’avviso pubblico “Manifestazione di interesse per la presentazione di proposte di comunità energetiche rinnovabili di iniziativa degli enti locali”, aperto dalla Regione Lombardia per individuare i comuni interessati a realizzare una o più CERS nel proprio territorio. Se dichiarati ammissibili, i progetti accederanno alle misure di supporto finanziario regionale. I quartieri interessati sono Bovisa, Città studi, Ghisolfa, Chiaravalle e nell’area di Niguarda/Affori/Dergano. Sono i progetti presentati da Politecnico di Milano, associazione “Verso la CER della Ghisolfa” congiuntamente alla dirigenza scolastica dell’ICS Rinnovata Pizzigoni, Associazione “Terzo paesaggio” e Cooperativa Abitare. L’Amministrazione Comunale si è impegnata a mettere a disposizione, per ogni proposta CER, immobili di proprietà pubblica. Verrà indetta una procedura ad evidenza pubblica di manifestazione di interesse, non vincolante, per individuare ulteriori soggetti interessati alla adesione alle CERS proposte a titolo sperimentale. L’Amministrazione ha altresì approvato linee di indirizzo per valorizzare le altre possibilità offerte dalla normativa, tra cui l’autoconsumo individuale a distanza, che permette di utilizzare l’energia prodotta da un impianto in più edifici contemporaneamente, e la promozione di gruppi di autoconsumatori collettivi. Il Comune di Firenze avvia due Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) sul territorio comunale, una nel Quartiere 4 ed una nel Quartiere 5. Chi necessita di supporto nella compilazione dei moduli on-line potrà rivolgersi agli uffici dello Sportello al cittadino – U.R.P. dei Quartieri. L’Amministrazione comunale si è impegnata a mettere a disposizione, per ogni proposta CER, immobili di proprietà pubblica. Verrà indetta una procedura ad evidenza pubblica di manifestazione di interesse, non vincolante, per individuare ulteriori soggetti interessati alla adesione alle CERS proposte a titolo sperimentale. Tutti i soggetti delle politiche sociali sono in movimento. Nel 2022 Fondazione Cariplo ha promosso il bando ALTERNATIVE con l’obiettivo di favorire la diffusione di Comunità Energetiche Rinnovabili e fornire uno strumento concreto ed efficace per contrastare la povertà energetica e accompagnare la popolazione nella transizione equa verso un futuro alternativo al fossile.Il bando, terminato a luglio, si è rivolto ad amministrazioni, enti pubblici e privati non profit della Regione Lombardia e delle province di Novara e del Verbano Cusio Ossola. Sono ben 17 le nuove Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) che saranno avviate in questi territori nei prossimi mesi grazie al contributo di Fondazione Cariplo, per un valore totale di 1.000.000 euro. Gli enti beneficiari del supporto della Fondazione sono complessivamente 33, di cui: 6 parrocchie, 7 cooperative sociali, 5 Fondazioni, 5 associazioni e 10 enti pubblici. Se l’obiettivo generale è la decarbonizzazione, un sistema elettrico totalmente alimentato da fonti rinnovabili entro il 2035 è possibile anche in Italia come illustrato nello studio commissionato al think tank climatico Ecco da Wwf, Legambiente e Greenpeace. Questo in risposta all’idea governativa di un’Italia hub del gas del Mediterraneo e in linea con gli obiettivi sottoscritti nel G7 2022 per un settore elettrico “in massima parte decarbonizzato” entro il 2035 (predominantly decarbonized, si legge nel testo). Impegno che è stato ulteriormente rafforzato sotto la presidenza giapponese lo scorso 27 maggio. Dallo studio emerge “la necessità di un incremento di oltre 90 GW di rinnovabili rispetto alla capacità installata nel 2021”, cifra, peraltro, di poco superiore agli 85 GW stimati nel 2022 da Elettricità Futura, l’associazione che raccoglie alcune delle più grandi aziende del settore energetico. Per questo occorre un “netto cambio di passo rispetto agli attuali livelli di installazione annua di capacità rinnovabile”: il ritmo deve essere moltiplicato per otto e sarà necessario un aumento della flessibilità. Ciò perché le fonti rinnovabili sono per natura intermittenti e non programmabili: senza sole e vento, pannelli e pale non producono energia, quindi è necessario un investimento in tecnologie di accumulo, anche per gestire i picchi della domanda. In relazione a ciò è necessario incentivare un sistema di prezzi dinamici, per orientare i consumi in fasce orarie meno problematiche. Occorrono altresì “criteri nazionali più formalizzati”, per limitare la “discrezionalità delle decisioni delle Soprintendenze ai beni culturali che fanno capo al ministero”. Velocizzando così gli iter autorizzativi, a partire dai nuovi progetti di fotovoltaico ed eolico, accelerando la realizzazione dei grandi impianti, lo sviluppo dell’agrivoltaico, di reti e accumuli, la diffusione delle comunità energetiche e degli impianti di digestione anaerobica. Occorre inoltre una azione di prossimità per la facilitazione della costituzione delle CER, nonché dell’autoconsumo, individuale o dei gruppi di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente. Per iniziare a gestire gli impianti esistenti e a progettare reti di impianti per i consumi elettrici dei comuni, piccole reti di riscaldamento a bassa temperatura, con Pompe di Calore e solare termico ad esempio. Per trovare partnership di partecipazione alle CER: ad esempio impianti di aziende private, supermercati, parrocchie e no profit, condomini, capannoni, barriere acustiche, parcheggi, impianti sportivi… Insomma, occorre una politica pubblica con una strategia che non consegni i sindaci e le CER alla relazione dipendente ed esclusiva con le grandi partecipate dell’energia le quali, come con gli agricoltori per la gestione del flusso idrico, devono coinvolgere le comunità dei territori a pari dignità. Papa Francesco nella Laudato Sì ha indicato il senso di questa transizione: “ In alcuni luoghi, si stanno sviluppando cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili.” “ È lì infatti che possono nascere una maggiore responsabilità, un forte senso comunitario, una speciale capacità di cura e una creatività più generosa, un profondo amore per la propria terra, come pure il pensare a quello che si lascia ai figli e ai nipoti.” Opportunità che tocca alla politica nazionale, regionale, comunale, garantire come partecipazione democratica. L’Italia ha quindi tutte le caratteristiche per diventare un hub strategico delle rinnovabili, e non del gas come invece vuole il governo Meloni, ma per farlo deve andare oltre gli ingenti sussidi alle fonti fossili e deve essere capace di autorizzare in pochi mesi i nuovi impianti a fonti pulite. Fiorello Cortiana

domenica 24 dicembre 2023

Buone Feste per tutti

L'ultimo carrello sospeso per gli indigenti e i senza fissa dimora si aggiunge ai 15 quintali di materiale sanitario, cibo, cancelleria, mandati alla popolazione dell'Ucraina con i voli diretti dell'Ordine di Malta. Per la PASMIL-Pubblica Assistenza Milanese, fatta di soli volontari, è il miglior modo di augurare Buone Feste

giovedì 21 dicembre 2023

I DATI DEL CENSIS E LA SICUREZZA

ArcipelagoMilano 5 dicembre 2023 I DATI DEL CENSIS E LA SICUREZZA La paura e la politica della paura. A chi giova? di Fiorello Cortiana “Una città come Milano raccoglie persone e problematiche contemporanee da tutto il mondo, ed è il mondo ad essere diventato più difficile. Io ci sto a prendermi critiche e responsabilità come deve fare chiunque faccia politica. Ma una cosa non la accetto: che si dica che non ho a cuore il tema della sicurezza, che ne sono inconsapevole o che sostenga che vada tutto bene”. (Beppe Sala). Il sindaco di Milano Giuseppe Sala dopo il primo mandato sull’onda di Expo, ha dovuto fare i conti con la pandemia Covid 19, ‘Milano non si ferma’, vi ricordate la sua sparata mentre prendeva un aperitivo sul Naviglio con Zingaretti, allora segretario PD? Sala in questo secondo mandato non ha potuto eludere la questione della sicurezza, sulla quale tanti speculano Ha cercato di relativizzare la questione legandola a una condizione che caratterizza tutte le grandi città, ma la concretezza delle cifre non lo permette: Milano, per il secondo anno, è in testa alla classifica del Sole 24 ore sull’Indice della criminalità nelle province italiane: 6.991 i reati denunciati ogni 100mila abitanti nel 2022, in aumento rispetto al 2021, le denunce crescono del 3,5% anche nel primo semestre 2023 rispetto all’anno scorso. Le violenze sessuali nel 2023 sono state 587, l’anno precedente 477; le rapine sono state 4.123 (2.713 in pubblica via), nel 2022 erano 3.346 (di cui 2.160 in strada). I danneggiamenti sono passati dai 27.710 del 2022 a 29.720 del 2023 e le percosse sono passate da 1.165 a 1229 in un anno. Non bastasse, dalla Ferragni, al pilota della Ferrari Sainz, a Briatore, anche i personaggi da ZTL hanno lamentato di aver subito furti o che la cosa sia accaduta a loro conoscenti. Da ultimo Carlo Verdone alla stazione di Milano prima di prendere l’ultimo treno per Roma. ”C’erano due che si stavano massacrando a bottigliate con le ferite. Uno improvvisamente si è presentato con il collo di una bottiglia e mi urlava cose in una lingua che non capivo: ho dovuto correre su per le scale e andare velocemente a prendere il treno, perché questo era ubriaco e mi correva dietro”. “Alla stazione di Milano mi sono messo paura, più che a Roma, che è tutto dire!”, conclusione laconica ma non campanilistica. Per il sindaco: “Non è vero che Milano sia la città più pericolosa che c’è in Italia ma non è nemmeno vero che non ci sia il problema. Tant’è che con i pochi soldi che abbiamo stiamo assumendo soprattutto vigili. Poi ho chiesto una mano a un esperto come il prefetto Franco Gabrielli, già capo della polizia e sottosegretario con delega ai servizi di sicurezza. Quindi il problema esiste. E deriva, secondo me, da una serie di questioni. Primo, questa è una città ricca, quindi attira i malintenzionati. Poi c’è un palese distacco tra la giustizia e la pena e la gestione della sicurezza: oggi chi delinque rischia troppo poco.”. “In passato la polizia locale è stata caratterizzata per un’estrema specializzazione. Non so se è stata una scelta così giusta. Quello che serve è una maggiore e più visibile presenza sul territorio.”. Così nel Municipio 1 ci sono condomìni che prendono i vigilanti. Per il sindaco “Non è la soluzione ideale. Ma faccio una domanda a mia volta, ovvero perché nella sanità e nell’assistenza il privato può intervenire? È chiaro che a volte il privato interviene per coprire le debolezze del pubblico, che ci piaccia o meno.”. Alla presentazione del piano Sicurezza a Milano, Sala e Gabrielli hanno annunciato: “Vigili di prossimità nei quartieri e un aumento delle pattuglie della Polizia locale durante le ore serali e notturne, oltre a una collaborazione con i City Angels per zone delicate come quelle attorno alla Stazione Centrale”. Il sindaco la butta in retorica: “Che ci sia una campagna mediatica contro il sindaco ci sta. Ma chi per calcolo politico attacca Milano fa un danno ai tanti che grazie all’attrattività della città lavorano o comunque costruiscono le basi per la propria vita”, e cita il numero degli omicidi volontari avvenuti in città dal 1987 al 15 novembre 2023: nel 1987 erano stati 15 gli omicidi, poi ha toccato punte fino a 43 nel 1990 e nel 1992. Quest’anno sono appena 8. Fin qui si tratta di marketing di comunicazione, eventualmente contraddetto dai numeri reali, ma la questione della qualità e della tenuta del Patto Civile richiede un approccio sistemico per definire una strategia all’altezza di un nodo metropolitano europeo quale è Milano. Anche se occorre notare che la nomina dell’ex capo della polizia Franco Gabrielli a nuovo delegato del sindaco per la sicurezza e la coesione sociale sembra una messa in mora di assessori quali Granelli e Bertolè. Per avere un quadro sociale di riferimento articolato su come gli italiani stanno vivendo le condizioni glocali in questi primi vent’anni del secolo è di grande utilità e concretezza il 57° rapporto del CENSIS sulla Situazione Sociale del. In sintesi, rispetto all’altro tema di speculazione oltre a quello della sicurezza deve fare i conti con un mercato del lavoro che non può fare a meno degli stranieri. Nei prossimi tre anni saranno ammessi in Italia attraverso il “Decreto flussi” 452.000 cittadini stranieri, un numero molto più alto rispetto al passato. I lavoratori stranieri salgono a 2.374.000, il 10,3% del totale degli occupati. 2.068.000,l’87,1% sono lavoratori dipendenti. Il 29,9% svolge lavori per cui non è necessaria alcuna qualifica professionale, contro il 9,5% degli occupati italiani, l’8,2% è impiegato in professioni tecniche e qualificate, contro il 37,3% degli italiani. Il 48,2% degli stranieri che lavorano è in possesso al massimo della licenza media (tra gli italiani la quota è del 27,4%), mentre l’11,5% è in possesso di un titolo terziario (tra gli italiani la quota sale al 25,8%). E il 61,4% degli stranieri laureati svolge lavori di livello più basso rispetto al titolo conseguito. Sono gli stessi cittadini italiani che dichiarano per il 72,8% del totale che i migranti svolgono lavori necessari che gli italiani non vogliono fare, con percentuali che arrivano al 76,0% nelle regioni del Sud. Cittadini stranieri indispensabili per il mercato del lavoro, ma necessari per ridare vitalità demografica. Sono 5.050.000, l’8,6% della popolazione, cioè 400.000, il 9,5% in più rispetto a dieci anni fa. Il 45,6% degli stranieri residenti (circa 2,3 milioni) ha meno di 35 anni (tra questi, il 20,8% è un minore e il 24,8% è un giovane di 18-34 anni). Solo il 5,4% è ultrasessantacinquenne. Tra gli italiani, invece, gli under 35 sono circa 17 milioni, pari al 31,7% del totale. Tra questi, il 14,9% ha meno di 18 anni e il 16,8% è un maggiorenne con meno di 35 anni. Tra le donne straniere. il 55,6%, è in età feconda, tra 15 e 49 anni, tra le italiane la percentuale scende al 37,0%. L’età media delle madri al parto è di 29,7 anni per le straniere e di 32,8 anni per le italiane. Il numero medio di figli per donna per le italiane è di 1,2, per le straniere è di 1,9. Gli stranieri danno un significativo contributo al nostro bilancio demografico. Nel 2022 sono nati più di 53.000 figli da entrambi i genitori stranieri, il 13,5% dei nati, 30.000 da almeno un genitore straniero. Senza di loro le nascite sarebbero solo 311.000. La questione dei residenti stranieri si combina con l’altro argomento del marketing elettorale della criminalità nelle grandi aree urbane. Il 20,8% degli italiani si sente insicuro, percentuale che sale al 35,2% nelle città con più di 500.000 abitanti. Il 33,6% di chi abita nelle città più grandi ritiene che negli ultimi cinque anni la propria zona sia diventata più pericolosa, il 17,2% di chi vive in città con al massimo 30.000 abitanti. Nel 2022 nelle 14 aree metropolitane italiane, dove vive il 36,2% della popolazione, sono stati denunciati 1.066.975 reati, il 47,3% del totale: sale al 61,7% per le rapine e al 53,7% per i furti, un aumento del 9,8% nell’ultimo anno mentre la media nazionale è +7,2%. Il 26,3% dei reati commessi in Italia, un quarto, avviene nelle tre aree metropolitane di Roma, Milano e Napoli, dove vive complessivamente il 17,7% della popolazione. In aumento i reati che da allarme sociale: una rapina su quattro (il 38,9% del totale) avviene in una delle tre maggiori città italiane. A Roma sono diminuite, aumentate del 23,2% a Milano. A Milano, Roma e Napoli, si compie il 32,7% del totale dei furti registrati in Italia, il 49,6% di scippi e borseggi. Prendiamo altri due dati sociali che si combinano con la questione sicurezza e immigrazione: anziani e giovani. Gli anziani costituiscono il 24,1% della popolazione, saliranno di 4,6 milioni nel 2050, il 34,5% della popolazione. Anziani sempre più senza figli e sempre più soli. Le coppie con figli diminuiranno e nel 2040 costituiranno solo il 25,8% e le famiglie unipersonali saranno 9,7 milioni, il 37,0%. quelle costituite da anziani diventeranno 5,6 milioni, il 60%. E’ ineludibile la questione del bisogno assistenziale legato agli effetti epidemiologici dell’invecchiamento demografico. I giovani tra i 18 e i 34 anni sono 10 milioni, il 17,5%, nel 2003 erano 13 milioni, il 23,0%: in vent’anni meno 3 milioni. Nel 2050 i 18-34enni saranno 8 milioni, il 15,2%. I giovani contano poco: solo 860, l’11,1% dei 7.786 sindaci in carica arriva a 40 anni. Il CENSIS registra un dissenso generazionale senza conflitto, un riflesso evidente nelle grandi città è quello dei branchi/bande trapper delle periferie, dove quello musicale diventa un codice autoreferenziale. Gli italiani vivono un profondo senso di impotenza: il 60,8%, il 65,3% tra i giovani, prova una grande insicurezza per i tanti rischi inattesi. Delusi dalla globalizzazione: per il 69,3% ha portato all’Italia più danni che benefici. Rassegnati: l’80,1%, l’84,1% tra i giovani, è convinto che l’Italia sia irrimediabilmente in declino. Il 56,0%, il 61,4% tra i giovani, convinto di contare poco nella società, con un disarmo identitario e politico. Il quadro del sentimento sociale diffuso si completa con le aspettative esistenziali e con quelle di geopolitica globale. L’84,0% degli italiani è impaurito dal clima ‘impazzito’, il 73,4% teme che i problemi irrisolti provocheranno una crisi economica e sociale molto grave con povertà diffusa e violenza, per il 73,0% gli sconvolgimenti globali sottoporranno l’Italia alla pressione di flussi migratori sempre più intensi e non saremo in grado di gestire l’arrivo di milioni di persone in fuga dalle guerre o per effetto del cambiamento climatico, il 53,1% ha paura che il colossale debito pubblico provocherà il collasso finanziario dello Stato. Il ritorno della guerra ha suscitato nuovi allarmi: il 59,9% degli italiani ha paura che scoppierà un conflitto mondiale che coinvolgerà anche l’Italia, per il 59,2% il nostro Paese non è in grado di proteggersi da attacchi terroristici di stampo jihadista, il 49,9% è convinto che l’Italia non sarebbe capace di difendersi militarmente se aggredita da un Paese nemico, per il 38,2% nella società sta crescendo l’avversione verso gli ebrei. Anche il welfare del futuro instilla nell’immaginario collettivo grandi preoccupazioni: il 73,8% degli italiani ha paura che negli anni a venire non ci sarà un numero sufficiente di lavoratori per pagare le pensioni e il 69,2% pensa che non tutti potranno curarsi, perché la sanità pubblica non riuscirà a garantire prestazioni adeguate. Si tratta di un quadro apocalittico che richiede una statura politica della classe dirigente milanese all’altezza dei Borromeo durante la peste o dei sindaci socialisti del secondo dopoguerra: alla competizione sovranista e securitaria interna alla maggioranza politica espressa dagli italiani non si può rispondere con la mera funzione supina alle scelte e agli interessi dei fondi immobiliari internazionali. Questi ultimi sembrano gli unici con una visione metropolitana, dagli scali Ex FS, agli stadi e immobili annessi, ai mega centri commerciali: chiaramente con l’attenzione alla speculazione finanziaria, nominale o meno, e indifferenti alla pianificazione di un sistema territoriale qualitativo per il vivere sociale nella sostenibilità. Quindi, invece di rassicurazioni simboliche suggerite da qualche spin doctor, dopo ‘Milano non si ferma’ siamo a ‘Milano esempio per la sicurezza’, sarebbe necessaria la convocazione degli Stati Generali Metropolitani, con i 133 comuni, la filiera istruzione-università-ricerca, il mondo dell’impresa, dell’agricoltura, del Terzi Settore. Ciò per definire un’azione comune affinché la Città Metropolitana abbia le prerogative democratiche e le competenze previste dal Titolo Quinto della Costituzione. Insieme a questa azione comune gli Stati Generali possono condividere una strategia urbanistica e dei servizi per il breve e medio periodo, improntata alla sostenibilità sociale e ambientale, insieme alla inclusione di giovani e immigrati grazie a politiche di partecipazione responsabilizzante. Cittadini protagonisti in luogo dei sonnambuli preconizzato dal CENSIS.

mercoledì 20 dicembre 2023

BILANCI E PROPOSITI PER L’ANNO CHE VIENE

ArcipelagoMilano 19 dicembre 2023 BILANCI E PROPOSITI PER L’ANNO CHE VIENE L'intelligenza artificiale ha "sparigliato" la società futura di Fiorello Cortiana Fare il punto su questo anno politico, visto da Milano, presenta questioni e problemi aperti con un esito sconcertante. Questo perché non vi è strategia alcuna per avviarli ad una soluzione in grado di rispondere agli interessi generali delle attuali e delle future generazioni. È la cronaca che si incarica di comporre un quadro che suscita sconcerto perché non si vede una ipotesi, un possibile modello, per una azione collettiva capace di futuro, un’azione che abbia l’ambizione di suscitare emozione, ragione, partecipazione. Ma partiamo alla cronaca delle ultime settimane per fare il punto sull’anno che sta finendo e sulla continuità del quadro che compone nella relazione locale/globale. A Dubai per la prima volta è stata presa la decisione per la transizione dai combustibili fossili. Quasi 200 paesi hanno concordato un nuovo accordo sul clima durante i colloqui COP 28 di Dubai, dopo negoziati con aspre divisioni sul futuro delle fonti fossili . Negli stessi giorni gli studi dei pediatri di famiglia milanesi erano affollati e ci sono stati 900 accessi al pronto soccorso dell’ospedale dei Bambini Buzzi in una settimana, con pazienti smistati in altre strutture lombarde per carenza di posti. Questo per i virus respiratori in circolazione. Roberto Marinello, pediatra del quartiere Chiesa Rossa di Milano ha segnalato che si registrano ‘anche infezioni delle basse vie respiratorie, bronchiti e broncopolmoniti’. Niente di nuovo, purtroppo, la conferma del record italiano di affezioni alle vie respiratorie detenuto dai bambini milanesi. Si dirà ‘è dovuto al ristagno dell’aria in un territorio strutturalmente depresso’, peccato che questa condizione strutturale sia accompagnata dal più alto tasso di consumo del suolo in una regione che detiene, essa stessa, il record italiano della cementificazione. Qui lo strabismo degli amministratori si esprime al massimo. Dopo aver consegnato ai fondi immobiliari la pianificazione di funzioni nelle aree degli ex Scali FS ( 2.500.000 mq sui 4 milioni in tutta Italia). Dopo aver pensato all’abbattimento di uno stadio pubblico funzionante, per il calcio, per i concerti, per l’inaugurazione delle Olimpiadi invernali, così da consentire a fondi di costruire sia un nuovo impianto, questa volta privato, sia immobili sui 29 ettari adiacenti, anch’essi di proprietà pubblica e per 99 anni lasciati ai privati. Dopo aver fatto ricorso cautelare contro i pareri della Sovrintendenza e della Commissione Regionale per il Patrimonio favorevoli alla tutela del secondo anello dello stadio. Sala dopo aver così commentato ‘Penso che nessuno dei protagonisti abbia trovato la soluzione giusta e quindi nessuno si deve responsabilizzare, tanto meno io. Per questo motivo non la considero una partita chiusa’ ‘Abbiamo un procedimento aperto e stiamo aspettando risposte dalle squadre’. Non si sente responsabilizzato e aspetta la risposta delle squadre: ma, cosa è un sindaco? Dopo tutto ciò l’Amministrazione Sala ha pensato di riprendere, usando un Accordo di Programma, il progetto per la copertura dei binari delle Ferrovie Nord il cui fascio va da Piazza Cadorna a via Mario Pagano. Un’idea che era in campo già nel 1956, pensata come un’estensione del Parco Sempione, un continuo verde che sarebbe arrivato fino a via XX Settembre. Oggi l’Amministrazione Comunale prevede la realizzazione di una piattaforma della superficie complessiva di circa 60.000 mq a copertura del fascio dei binari: nuove funzioni, per un totale di circa 60.000 mq, tra residenziali, ricettive, servizi e piccolo commercio, con 30.000 mq di nuovo parco urbano. Alè! Il parere dovuto del Consiglio Comunale? Ah saperlo… Il Portale della Diocesi Ambrosiana non ha potuto che constatare: “Milano, una città che respinge il ceto medio. Questa una delle conseguenze del mutamento sociale ed economico in atto nel capoluogo lombardo, sempre più “polarizzato” tra ricchi e poveri.“. Infatti. Lo scorso venerdì un’operazione di polizia ha interessato 14 province, tra cui Milano, teatro di recenti episodi riconducibili a gruppi criminali giovanili in contesti contigui al mondo dei trapper . Quaranta persone sono state arrestate, 16 a Milano, denunciate 70, di cui un terzo minorenni. La gentrificazione affidata a fondi immobiliari può essere la via per una Città Metropolitana capace di esprimere una qualità del vivere sociale con sostenibilità ambientale di chi la abita? A proposito di qualità dell’aria, Tesla è stata al top della classifica delle 10 auto elettriche più vendute in Italia a febbraio 2023, in particolare la Model Y, più del doppio rispetto alla Fiat 500. Qui entra in gioco un’altra affidabilità, oltre a quella dell’ambiente naturale, quella dell’ambiente dell’Intelligenza Artificiale. La casa automobilistica americana sta richiamando i veicoli Model S 2012-2023, Model X 2016-2023, Model 3 2017-2023 e Model Y 2020-2023. Si tratta di un potenziale di 2.031.220 vetture. La decisione è stata presa perché i controlli del pilota automatico sono insufficienti per prevenire un uso improprio e aumentano i rischi di incidente. Questo richiamo alla realtà del mercato e del fatturato non cambia nulla in Elon Musk e negli altri leader di Big Tech/Big Data, impegnati nella crociata che vede nel progresso tecnologico l’unica cosa che conta e le questioni sociali o ambientali solo un impedimento fastidioso. Altroché l’invito a ‘Pensare globalmente e agire localmente’, i lungotermisti dell’altruismo efficace, la nuova élite delle accademie, lo rovesciano in ‘Pensare il futuro e agire globalmente’. Per cui tra la mitigazione di un rischio in grado di annientare il 99% degli esseri umani e uno che può annientarne il 100%, sarà sempre il secondo a dover avere la precedenza. Una scala di priorità dove il cambiamento climatico è molto più in basso dell’impatto di un asteroide. per loro il primo non sembra in grado di portare la nostra specie all’estinzione, il secondo sì, anche se il primo è molto più probabile del secondo. In ogni caso, per Elon Musk “La cosa importante sul lungo termine è stabilire una base autosostenibile su Marte”. Un pianeta di riserva, insomma, per coloro, pochi, che se lo potranno permettere. Soldi, tecnologia e il controllo dei social network. La politica democratica ha tempi più lunghi e partecipati. Le istituzioni dell’UE hanno concordato la prima legislazione al mondo per regolamentare specificamente l’intelligenza artificiale. L’AI Act è il risultato, politicamente significativo e contraddittorio, del lungo confronto tra Consiglio Europeo, i Governi, e il Parlamento Europeo. La legge sull’intelligenza artificiale garantisce ai consumatori diritti quali la possibilità di presentare un reclamo presso un’autorità pubblica contro un sistema di intelligenza artificiale o di chiedere un risarcimento collettivo se un sistema di intelligenza artificiale causa danni di massa. Ci sono altresì diverse lacune: saranno ancora consentiti i sistemi di intelligenza artificiale in grado di identificare e analizzare i sentimenti dei consumatori per il riconoscimento delle emozioni, la cosa preoccupante sia per la loro invasività che per la presunzione riduttiva della codificazione. L’AI Act lascia non regolamentati troppi sistemi di intelligenza artificiale, i modelli alla base di sistemi come Chat-GPT possono essere integrati in un’ampia gamma di servizi, e non verranno sufficientemente regolamentati. Ad esempio non vi è alcun obbligo di verificare tali modelli da parte di un terzo indipendente, né saranno soggetti a requisiti di trasparenza sufficienti per garantire il controllo pubblico. A fronte di questo protagonismo europeo, chissà se la visita di Elon Musk a Giorgia Meloni non prelude a una ‘discesa in campo’ anche nella politica attiva. Perché lo sviluppo e il controllo della tecnologia possono definire il futuro, la politica democratica come partecipazione attiva, non riducibile a sviluppo di algoritmi e codificazione, per la definizione del Patto Civile e degli indirizzi dello sviluppo, costituisce un ostacolo passatista. Alla faccia degli sforzi per la transizione ecologica dei governi del mondo i guru delle corporation eludono la territorialità degli stati e dei governi e la loro tassazione. Loro i soldi, tanti, li investono per i loro scopi autoreferenziali dichiarati. Il futuro è cosa loro. Al resto dell’umanità resta il presente, da consumare per intero. Autoreferenzialità, appunto. Sarò un boomer senile, ma vedere, nel tardo pomeriggio di un sabato di dicembre, la street parade di 10.000 giovani, da Piazza Napoli a Piazza Axum, al ritmo della musica techno sparata da quattordici camion, mi ha lasciato più che sconcertato. “Smash repression” era lo slogan portante, non gridato. Rompi la repressione, cioè la protesta contro i decreti sicurezza che inaspriscono le norme contro chi organizza e partecipa a un rave party illegale. Una mobilitazione autoreferenziale, una amplificazione tanto tonante quanto afasica. È chiaro che la cosa chiama in causa la qualità della proposta politica, cosa abbiamo proposto, cosa abbiamo seminato negli ultimi 50 anni se Greta e i suoi coetanei sono visti come un episodio di costume e se la musica tekno e trap e i codici antropologici della illegalità, diventano il registro espressivo della alterità postata sui social? Tra i propositi per l’anno che viene occorre l’impegno a condividere un metodo di confronto e di iniziativa per una soggettività condivisa, da non confondere con la navigazione eterodefinita sui social.